Trasferimento per ricongiungimento con nucleo familiare ex art. 42 bis Dlgs 151/2001

Questa volta intendo parlarvi del vecchio, ma sempre attuale purtroppo, problema del mancato accoglimento della richiesta di trasferimento per ragioni familiari ex art. 42-bis  Dlgs 151/2001. Questa norma intende tutelare la nascita un nuovo nucleo familiare stabilendo che:

Il genitore con figli minori fino a tre anni di età dipendente di amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, può essere assegnato, a richiesta, anche in modo frazionato e per un periodo complessivamente non superiore a tre anni, ad una sede di servizio ubicata nella stessa provincia o regione nella quale l’altro genitore esercita la propria attività lavorativa, subordinatamente alla sussistenza di un posto vacante e disponibile di corrispondente posizione retributiva e previo assenso delle amministrazioni di provenienza e destinazione. L’eventuale dissenso deve essere motivato e limitato a casi o esigenze eccezionali. L’assenso o il dissenso devono essere comunicati all’interessato entro trenta giorni dalla domanda .”

Nonostante ( come vedremo nel dettaglio più avanti) la tutela del nucleo familiare abbia valore costituzionale le amministrazioni troppo spesso rigettano le richieste di trasferimento per  ragioni che variano di caso in caso ma sempre e comunque contestando anche la “carenza di organico”.

Su questo punto ci sono state molte pronunce della Giurisprudenza che ormai da tempo conferma che per negare il trasferimento temporaneo dei militari non risulta sufficiente ricondurre il diniego alla mera carenza organico o alle generica difficoltà di sostituire militare,  l’amministrazione è invece tenuta anche a dar conto, nella motivazione del provvedimento di diniego, della effettiva insostituibilità del militare, in virtù delle caratteristiche professionali possedute o della situazione contingente del reparto.

Il Consiglio di Stato  relativamente all’art. 42 bis del D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 151 ha stabilito che

“Trattandosi di disposizioni rivolte a dare protezione a valori di rilievo costituzionale, tuttavia, ogni eventuale limitazione o restrizione nella relativa applicazione dovrebbe comunque essere espressamente dettata e congruamente motivata e anzi, come prevede lo stesso art. 42-bis, il dissenso delle Amministrazioni di provenienza e di destinazione deve essere limitato a casi o a esigenze eccezionali.

Né può integrare l’onere motivazionale gravante sull’Amministrazione la ragione secondo cui “l’assegnazione temporanea del dipendente ad altra sede si ripercuoterebbe negativamente sull’andamento del predetto ufficio e la mancanza di unità di personale a disposizione comporterebbe un aggravio di lavoro per gli altri operatori addetti”, poiché si tratta di argomento che prova troppo, annullando la ratio di tutela insita in ogni trasferimento previsto dall’art. 42-bis, per essere ogni trasferimento temporaneo cagione di una diversa organizzazione dei servizi nell’ufficio di provenienza, con potenziale aggravio del lavoro per i lavoratori rimasti in tale ufficio.”

Anche TAR Lombardia richiamando molte pronunce del Consiglio di Stato ha stabilito che “proprio in ragione della rigidità della norma nonché in considerazione del fatto che essa è rivolta a dare protezione a valori di rilievo costituzionale – il diniego non può fondarsi su considerazioni generiche riguardanti l’assetto organizzativo complessivo della struttura di appartenenza del dipendente, né su considerazioni relative alle difficoltà organizzative che si determinerebbero a seguito del trasferimento, atteso che difficoltà di questo genere si riscontrano inevitabilmente in caso di movimentazione del personale. E’ pertanto necessario, al fine di opporre un legittimo rigetto all’istanza di trasferimento formulata ai sensi dell’art. 42-bis del D.Lgs. n. 151 del 2001, che l’amministrazione prenda in specifica considerazione la posizione del richiedente e ne accerti la sua indispensabilità e/o insostituibilità nell’ambito della struttura organizzativa di appartenenza, di modo che il suo trasferimento cagioni a quest’ultima un irrimediabile pregiudizio.

Dello stesso avviso recenti pronunce del TAR Toscana Firenze e Tar Campania- Napoli.

La domanda quindi è: cosa deve fare un militare che si vede negato il diritto al trasferimento presso una sede vicina al sua famiglia ? Deve impugnare il provvedimento facendo valere un orientamento giurisprudenziale consolidato a suo favore.

Non ci sono alternative !

Ripresentare la richiesta dopo un po’ sperando che magari l’amministrazione si ravveda concedendo il trasferimento prima negato è una vana speranza che fa perdere tempo molto prezioso considerando che questo tipo di trasferimento temporaneo può essere fatto solo nei primi anni di vista del figlio.

Quindi aspettare significa far passare del tempo e probabilmente perdere la possibilità d usufruire di questo diritto.